GABBIANI BIANCHI/GABBIANI NERI

Seconda parte parte
Vorrei vedere dalla mia finestra I gabbiani tornare a volare Gabbiani bianchi gabbiani neri Sopra lo stesso mare Sono qui tra queste quattro mura chiuse, sbarre alla finestra, una branda sulla quale dormire.
Sono qui per colpa mia, ho ammazzato delle donne, così dicono…ma non è così. Io quelle donne le aiutavo a non soffrire, erano già morte appena solcavano il cancello della villa. La loro finita finiva lì dietro quel cancello, erano destinate al sacrificio. Donne bellissime, tutte straniere, tutte giovanissime. Pagate 15.000 euro l’una al mercato delle schiave dell’Est. Io ero l’incaricato, una volta che le ragazze avessero compiuto il sacrificio, dopo essere state torturate, seviziate, stuprate etc..Io dovevo portarle ai cani, non importa se morte o vive, dovevo darle in pasto a loro. Ho visto sbranare ragazze in fin di vita guardarmi con occhi che mi dicevano..”finiscimi tu, soffrirei di meno”…non sopportavo più questa ossessione, ma non potevo farci niente. L’unica cosa che potevo fare era uccidere le poverette che non morivano durante il sacrificio. Avrei voluto fare di più per loro, ma non sono un eroe, sono un povero idiota, ho 40 anni, non ho passato, non ho un futuro, ho solo un presente che è quello che faccio all’interno della villa. Do da mangiare ai cani, da quando ero bambino. Ho sempre e solo fatto questo. Ho dei padroni molto generosi, mi danno da vivere, da mangiare. Ho anche la tv in camera , la tv qui è vietata. Io no so niente di cosa succede durante i sacrifici, ma poi vedo i corpi martoriati delle donne e capisco che non è bello quello che vedono i miei occhi. Una volta una ragazza mentre la portavo con la carriola dai cani, sussurrò una frase del tipo “KILL ME”. Ma io capisco poco l’italiano, figuriamoci lo straniero…. Una volta un padrone mi prese con se, mi portò in una stanza e mi disse che io dovevo vivere il più a lungo possibile “sei il nostro primo esperimento, devi dare il meglio di te stesso, l’organizzazione gira tutta intorno a te. Sei il nostro fulcro, nessuno meglio di te può essere utile per tutta l’organizzazione…Vedi caro amico, ognuno di noi ha un compito predefinito. Tu non ci deluderai mai, lo so”. Io non capii molto di quello che il mio padrone voleva farmi capire. Io nasco come cavia, l’esperimento che prende vita ma ho un problema al cervello. Ho il cervello grosso dentro un cranio piccolo. Rischiavo la vita entro la chiusura della fontanella. Mi aprirono il cranio, me lo allargarono per non soffocare il cervello. Sono rimasto vivo, ma causa complicazioni, sono rimasto offeso nella zona celebrale. Dicono che ormai sono un ritardato, ma i miei padroni non mi hanno abbandonato dandomi in pasto ai cani. Mi salvarono la vita, li ringrazierò per sempre. Faccio un lavoro bellissimo, do da mangiare ai miei adorati cani. C’è Garrincha, un pitbull di 70 chili capace di mangiarsi una persona in tre morsi, è il mio preferito, gli ho insegnato tutto io, mi ascolta come se fossi io il suo padrone. Ma torniamo a noi…dicevo. Mi sono accorto una sera che una ragazza nonostante tutte le sevizie subite era ancora viva. Con un filo di voce mi chiese di ucciderla, non voleva finire in pasto ai cani ancora viva. Con un coltello le trapassai il cuore, chiuse gli occhi e morì sorridendo. Pensavo di aver fatto una cosa buona, ho aiutato una ragazza a non soffrire più. Si, lei è morta ma era destinata già da quando entrò per la prima volta nella villa. Un membro dell’organizzazione mi vide . Mi chiese cosa stesse succedendo, vide che avevo un coltello sporco di sangue. Ingenuamente gli spiegai cosa feci. Lui mi spinse a terra infuriato e mi urlò in faccia “Tu domani verrai punito” Non capivo il motivo di quella reazione così sconsiderata. Io non ho fatto nulla così sbagliato secondo me. Ma lui non volle sentire ragioni. La sera seduto su di una sedia pensavo a quello che era successo nel luogo vicino ai cani. La notte non chiusi occhio. La mattina seguente venni convocato dai padroni. M’interrogarono su quello che era successo la sera prima nella zona dei cani. Spiegai le mie ragioni. Mi chiesero se era la prima volta che mi comportavo in un modo del genere. Risposi di no, in tanti anni era successo altre tre, quattro volte, non di più. La sentenza fu molto dura per me, mi accusarono di tradimento, mi accusarono di aver infranto le regole “il sacrificio si concretizza con il pasto dei cani, non con un opera di pietà di un ritardato mentale”. La pena fu durissima per me, rinchiuso in una cella fino alla morte, digiuno ferreo senza acqua né cibo. Mi chiesero se avevo un desiderio da esprimere. Io volevo essere perdonato, ma non ero così stupido da chiederlo. Chiesi due cose; la prima era di poter passare un giorno sulla collinetta e vedere per l’ultima volta i gabbiani volare sopra il mare. La seconda fu una richiesta da defunto “una volta morto, datemi in pasto a Garrincha, il cane zoppo” l’unico amico vero che io abbia mai avuto. Vorrei vedere dalla mia finestra I gabbiani tornare a volare Gabbiani bianchi gabbiani neri Sopra lo stesso mare

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